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PLASMA PLASMA
Este es uno de los dos videoclips que me fue sensurado y quemado. Pertenece al grupo Rock "Los Jorobados" hecho con recortes de sensura de un noticiero televisivo en el 1987
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DOS FILMS PATRIMONIO AUDIOVISUAL CHILENO
Proyecto Umatic; En el rescate de más de 20 años de nuestro Patrimonio Audiovisual 1975 - 1995
Mi mama me mima. 1987. Musical. Video clip grupo "Los. Jorobados".
Tras la persiana. 1986. Argumental.
www.umatic.cl/pdf-catastro/catastrojulloa.pdf
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Shooting cameras, no guns.
Creazione di una web tv fatta dai bambini per bambini, al interno di un campo profughi Palestinese.
http://www.fateh.org/forums/showthread.php?t=204085
Il MANIFESTO 08.04.2009
Un «baby» reality nel campo profughi palestinese
«Shooting cameras, no guns!», in inglese shoot vuol dire sia sparare che riprendere con una telecamera. Dunque: «riprendere con telecamere e non sparare con i fucili» è lo slogan che si legge sul sito dei Kalandia children, i bambini di Kalandia, un noto campo profughi palestinese che si trova tra Gerusalemme e Ramallah. I bambini, dieci, cinque maschi e cinque femmine, tutti tra i dieci e i dodici anni, costituiscono un team di giovani giornalisti che informano attraverso il web sulla vita di Kalandia intervistando gli abitanti con professionalità. L'esperienza è particolarmente interessante perché proviene da un campo profughi dove i bambini vivono tra mille difficoltà ma non rinunciano ad immaginare un futuro migliore e a costruirlo, senza la tentazione di ricorrere alle armi.
Una opportunità che è stata data loro dall'ong italiana Vento di terra (www.ventoditerra.org). Per ora hanno solo due telecamere, ma forse con un po' di aiuto internazionale riusciranno ad acquisire altri strumenti del mestiere, che, assicura l'ong, saranno usati esclusivamente da bambini. Ed è estremamente importante offrire queste opportunità ai bambini affinché non rinuncino a lottare per una vita migliore, a partire da un immaginario che esce dallo stereotipo del profugo condannato alla miseria e alla disperazione. Questo speciale «reality» molto sui generis, va in onda su una web tv a qusesto indirizzo: http://nuke.kalandiachildren.com/
http://www.ilmanifesto.it/il-manifesto/argomenti/numero/20090408/pagina/19/pezzo/246886/
Dal campo profughi al web: la tv online dei bambini palestinesi di Kalandia
di Layla Mousa
Andate in un campo profughi palestinese, prendete una decina di bambini tra gli 8 e i 12 anni con una telecamera in mano, dei bravi operatori e un po' di fantasia. Mescolate il tutto per bene e versatelo nel Web.
Il risultato lo potete vedere da voi, è online dal 28 marzo e si chiama "Kalandia Children".
Il progetto è realizzato dall'ong Vento di Terra (partner di Peace Games in diversi progetti) nel campo profughi palestinese di Kalandia (Gerusalemme Nord), e consiste in una web tv realizzata da alcuni bambini che vivono nel campo, che - seguiti ed aiutati dagli operatori del progetto - realizzano dei video che raccontano la loro vita quotidiana nel campo profughi.
Lo slogan del progetto infatti recita: "Il primo reality show dentro un campo profughi palestinese, la vita di tutti i giorni di un gruppo di bambini".
Palestine Think Tank
Children's videos from Kalandia Refugee Camp
By Mary Rizzo • Mar 31st, 2009 at 19:32 • Category: Children's Corner, Culture and Heritage, Education, Grassroots Activism, Ideas and Projects, Music, Poetry, Events, Newswire, Palestine, Resistance
My friends at the Italian-Palestinian youth group "Wael Zuaiter" shared this incredible new creative initiative that was partly organised by the Italian NGO "Vento di Terra" (http://www.ventoditerra.org/). It's the first Web TV program from the refugee camp of Qalandia and these kids ready to share pieces of their daily experiences with us. Armed with one camera (and they need more, so anyone who can help, please do!) we'll get a child's view of things, which is just as important a view as an adult's if not more important! It just went on line two days ago, a few bugs need to be worked out before it is up and running to full capacity but it looks promising!
http://www.babelmed.net
Mediterraneo / Il coraggio di Kalandia Children è reality peace
05/05/2009
Silvia Rizzello Perché non possiamo tessere le leggende sulle nostre chiavi perse o su quelle rimaste sulle porte, tutte arrugginite, in attesa del ritorno dei loro proprietari? Alcuni pensavano di poter tornare dopo qualche giorno, ma si sono susseguiti i giorni, i mesi e gli anni e ancora non sono tornati. Sheikh Abbas si è accorto delle chiavi dimenticate nelle serrature delle porte e le ha raccolte una ad una. Le portava sempre con sé e loro danzavano sul suo fianco, lo hanno fatto per più di venti anni, finché un giorno sono cadute per terra vicino al suo corpo che è stato sbranato da un orso cattivo. E nessuno le ha più raccolte perché abbiamo perso la speranza.
Anas Wahadan, 12 anni, campo profughi Kalandja – Palestina
(Da “Lettere al di là del muro” di S.Apuzzo, S.Baldini, B.Archetti - Ecoalfabeto, I Libri di Gaia )
Ogni volta che si parla della questione israelo-palestinese si rischia di diventare ripetitivi. Nei vari simposi, conferenze ed iniziative a sostegno della pace in Medio Oriente, l’attenzione e la discussione sul tema ricade sempre sul nodo nevralgico del problema che è, al tempo stesso, causa ed effetto: la guerra. Per questo, ha un grande coraggio chi si ingegna a trovare soluzioni alternative per trasmettere messaggi di pace più innovativi. Paradossalmente, queste soluzioni non passano attraverso le firme e gli incontri dei grandi capi di Stato, ma grazie a canali e strumenti di cui è ricca la cultura, in tutte le sue forme, modernità ed avanguardie educative. Anzi, forse, dovremmo cominciare a parlare sempre più spesso di intercultura, cioè di quel reciproco scambio tra esperienze culturali diverse, finalizzato a creare una cultura altra, che è la somma delle singole.
È sulla base di queste premesse che il coraggio per parlare in modo diverso di pace in Medio Oriente, spesso, arriva dai più piccoli. Ahmad, Aseel, Asef, Aseel, Bara, Hedaia, Isra, Marah, Mohammad e Rawan sono i bambini palestinesi del campo profughi di Kalandia, tra Gerusalemme e Ramallah, che hanno avuto questo coraggio. Hanno preso in mano una telecamera e hanno cominciato a raccontare la quotidianità del loro campo sulla web-tv Kalandia Children (www.kalandiachildren.com), con lo slogan “Shooting cameras, no guns”.
Giocando sul senso del doppio significato della parola shooting, che in inglese vuol dire sia sparare che riprendere, i piccoli reporter mandano in onda un unico messaggio di pace:“Riprendere con le telecamere e non sparare con ci fucili”. Loro, la guerra, la vivono ogni giorno e la sottintendono senza il bisogno di esplicitarla di continuo a chiare lettere e con i fucili, come fanno i grandi. “La guerra è evidente, e non ha bisogno di essere sottolineata, se nel video si vede dove sono nato e dove vivo. Sì, nel mio paese, ma in un campo profughi, occupato da militari di un altro popolo che dicono che questo è anche il loro paese. Sia l’altro popolo che il mio vogliamo questa stessa terra, e per questo ci conviviamo male. E dire che tutti la chiamano Terra Santa, e dovrebbe essere un luogo di Pace. Solo che noi palestinesi viviamo ingabbiati da muri, senza la possibilità di uscirci se non abbiamo la “carta blu”. Ma io che sono più piccolo, forse, sono più saggio dei grandi e, anche se sono vittima innocente dei loro giochi, faccio vedere che so descrivere in maniera più profonda il dramma ma, anche la bellezza, di questa terra. Anche se sono costretto a vivere in un campo profughi, a testa alta mi faccio testimone del mio tempo, del mio paese, della mia causa, della mia gente e della mia storia. E lo faccio attraverso il linguaggio universale che solo i bambini come me sanno, perché credo che, in qualsiasi angolo del mondo, un altro bambino al mio posto lo direbbe allo stesso modo. La mia identità, la mia cultura, i miei costumi, i miei valori, che in questo campo trovano poco spazio per esprimersi, hanno storia come in qualsiasi altra cultura; e la storia non va calpestata, ma percorsa e portata avanti per un’esistenza migliore per tutti, e quindi per me, in primis, che la vivo al presente e sono il futuro”.
I sogni dei dieci protagonisti, senza fare troppo rumore, escono dal cassetto e a chi li guarda trasmettono molteplici spunti di riflessione. Interviste e reportage, raccontati e girati con professionalità, parlano di un altro tipo di reality-life, che non è reality-show: i giochi, gli amici, il piatto preferito, come la makluba, la yabra o la pizza, ma anche la nonna che ha perso un figlio, diventato martire, il papà malato che dorme sul divano, e la vicina Gerusalemme mai vista. Bambini tra gli 8 e gli 11 anni, con semplicità e tanti sorrisi, si assumono la responsabilità di essere cronisti in presa diretta. Restano nel campo ma, grazie alla forza di una web-tv, provano ad andare al di là dei muri che, nella vita di tutti i giorni, non possono oltrepassare. Nella speranza che, nel lontano resto del mondo, qualcuno li ascolti più da vicino.
L’aspetto più interessante del Kalandia Children è che, sebbene rappresenti un’opportunità di riscatto sociale e culturale per i bambini di uno dei più noti campi profughi della Palestina, in realtà, nasce come esperienza di scambio interculturale tra bambini sardi e palestinesi. Questo esperimento, unico nel suo genere, fa parte del “Child’s Play”, progetto realizzato dalla Ong Vento di Terra di Milano, in collaborazione con il centro educativo dello stesso campo, il Kalandia Child Center, e finanziato dalla rete dei comuni sardi di Segariu, Villanovafranca, Lunamatrona (VS) e dal Consorzio Sa Corona Arrubia.
“L'idea generale del progetto è stata quella di far lavorare a distanza bambini italiani e palestinesi sui temi del gioco tradizionale e delle altre espressioni artistiche (musica e danza in particolare)”, spiega Serena Baldini, che segue il progetto per Vento di Terra. “Per questo - prosegue la Baldini - l'idea della web tv serviva a far conoscere ai bambini sardi la quotidianità dei loro amici palestinesi, prima che si incontrassero in Sardegna, nei giorni scorsi, per condividere le loro esperienze. L'altro obiettivo è stato quello di dare al centro giovanile di Kalandia una nuova risorsa da utilizzare come strumento educativo. I bambini hanno, infatti, imparato a filmare, mentre gli educatori sono diventati autonomi nel montaggio e nella gestione del sito della web tv che, adesso, va avanti da sola e potrà farlo fin a quando lo staff del centro lo vorrà.” Al momento, ci sono solo due telecamere, ma se ci saranno donazioni spontanee a livello internazionale, il progetto potrebbe continuare a crescere per il bene di questi piccoli eroi.
Il campo profughi di Kalandia si trova tra Gerusalemme e Ramallah ed è adiacente al check point israeliano che separa Gerusalemme dalla Cisgiordania del nord. Il campo è stato fondato nel 1949. Le autorità israeliane considerano l’area sulla quale sorge il campo parte della cosiddetta “Grande Gerusalemme”, anche se di fatto è tagliato fuori dalla città dal muro ed è incluso nella zona d’influenza di Ramallah. Dopo gli accordi di Oslo del 1995, il campo di Kalandia è rientrato nella zona “C”, sotto completo controllo amministrativo e militare d’Israele. Il numero di profughi ufficiali si attesta sui 10.024, a cui vanno aggiunte altre 10.000 presenze “non ufficiali”, trasferitisi nel campo allo scopo di sfruttare la vicinanza con Gerusalemme. Circa la metà della popolazione ha meno di 18 anni. La maggior parte degli abitanti di Kalandia non può andare a Gerusalemme perché non è autorizzata a oltrepassare il check point di Kalandia. Chi può raggiungere Gerusalemme, perché ha la carta blu, che garantisce lo status di residente permanente di Gerusalemme, si sottopone a ore di fila al check point, pur di lavorare.
I problemi più grossi del campo sono: l’alto tasso di disoccupazione, il basso livello economico delle famiglie, il sovraffollamento e la mancanza o insufficienza di servizi (scuola, salute, raccolta rifiuti, rete idrica e fognaria obsoleta). A questi, si aggiungono le difficoltà legate all'occupazione quali: le difficoltà di spostamento all'interno della stessa Cisgiordania e l’acuirsi della tensione, dopo l’ultima guerra a Gaza, con arresti arbitrari, ferimenti e uccisioni in scontri.
http://www.bramjnet.com/vb3/showthread.php?p=8969512
و هذه معلومات عن هذه المؤسسة
مركز الطفل هي مؤسسة طوعية غير حكومية تعتني بالشؤون الثقافية و التربوية و الاجتماعية و الترويحية و برامج الفتيان .هدفها في ذلك تنمية أطفالنا عقليا و روحيا و جسميا و مساعدتهم على استغلال أوقات الفراغ بصورة بناءة ،وذلك لتخفيف الأعباء النفسية و الضغوط التي يتعرضون لها نتيجة القمع و سلب الحقوق من قبل قوات الاحتلال.
و ذلك في فلسطين – القدس - مخيم قلنديا
باقي المعلومات من هنا
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تفضلوا اخوتي في منتدى برامج نت بمشاكتنا لدعم اطفالنا في فلسطين ولو بكلمة تثبتهم على المواصله.
فقد تم فتح موقع تلفزيوني لمجموعة من الاطفال يعيشون في مخيم قلنديا ليبثو لنا الحقائق وكيفية حياة هائلاء الاطفال في دولة تم احتلالها من قبل الجيش الاسرائيلي .
ويمكن مشاهدة اخبار مخيم قلنديا عن طريق الاطفال في مشروع الصحفي الصغير
بحيث ان هاذا الموقع عمل في مخيم قلنديا من قبل الاطفال للكبار والصغار
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Il giorno della Memoria
Il Messaggero
Mercoledì 21 Luglio 2004
Prima le immagini di Felipe Goycoolea, cento anni di vita di un quartiere che non ha mai voluto cancellare completamente le cicatrici di quel bombardamento, 19 luglio '43, che uccise centinaia di persone disarmate. Poi le parole di Ascanio Celestini e il suo lungo monologo in "Roma Clandestina", per recuperare alla memoria le emozioni di una città occupata dai nazisti attraverso il racconto del massacro delle Fosse Ardeatine. San Lorenzo quest'anno, il sessantunesimo da quella data lontana, ha voluto commemorare così le vittime, tantissime, di quella strage. E ieri sera ancora una volta in piazza, in quel piazzale Tiburtino gremito di gente, tanti giovani seduti a terra, e ancora una volta in mezzo alla gente, per ricordare quello che ogni romano non dovrebbe dimenticare mai. «La memoria di un quartiere come questo, di una così forte e manifesta vocazione all'antifascismo, non può essere persa ma va tramandata- spiega Orlando Corsetti, presidente del III Municipio che ha organizzato l'iniziativa - e anche per questo lo scorso anno abbiamo realizzato un libro su questa vicenda e ieri sera ne abbiamo distribuito gratuitamente 300 copie». Si è cominciato con i colori del tramonto, intorno alle 20, a fare da sfondo alle immagini di un filmato realizzato da un giovane abitante del quartiere, Felipe Goycoolea. Una decina di minuti per volare dalla San Lorenzo di cento anni fa a quella attuale, passando per il bombardamento, il '68 vissuto intensamente dagli studenti dell'università La Sapienza, fino a Ciampi e Veltroni che, l'anno scorso, presenziarono la commemorazione del 60° anniversario. Poi, dopo le parole di alcuni, come Gaetano Bordoni superstite di un'intera famiglia massacrata, tra quelli che quel giorno c'erano e ancora oggi riescono a trovare le parole per raccontarlo, una pausa di musica jazz, per riportare un po' di armonia alla piazza. Infine le parole del testo teatrale di Ascanio Celestini. Un racconto dalla comicità amara e struggente che non riesce a trattenere l'orrore per quei 335 morti delle Fosse Ardeatine, simbolo di ogni violenza subita da questa città durante la seconda guerra mondiale.
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Tempo al tempo
Viene presentato a Roma il 22 giugno il filmato intitolato "Tempo al tempo", realizzato nell'ambito del progetto "Arte senza barriere" dell'Associazione Famiglie Attive per l'Handicap
La presentazione ufficiale di Tempo al tempo (durata 14 minuti) - avrà luogo mercoledì 22 giugno a Roma (Via dei Marsi, 73, ore 18), presso la sede dell'Associazione Famiglie Attive per l'Handicap che ne ha curato la produzione e la realizzazione, nell'ambito del più ampio progetto Arte senza barriere.
Percorsi, esperienze dirette e soprattutto un pensiero che assume quasi la forma di una filosofia di vita. Questo e altro ancora si può vivere assistendo a Tempo al tempo, per la regia di Felipe Goycoolea, il cui tema principale rimane la battaglia per l’abbattimento di quelle barriere, soprattutto culturali, che ostacolano ancora oggi l’affermazione delle diversità.
Alla presentazione del progetto - realizzato con il contributo e sotto il patrocinio della Provincia di Roma e del III Municipio del Comune della capitale - si esibirà dal vivo il chitarrista Antonio De Rose, autore della colonna sonora di Tempo al tempo e saranno presenti anche Tiziana Biolghini, consigliere della Provincia di Roma e Orlando Corsetti, presidente del III Municipio, oltre a Rolando Galluzzi, presidente di Famiglie Attive per l'Handicap.
(C.N.)
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